Dr. Guido rutili

La luna e la madre tripartita nella prassi terapeutica

Verum, sine mendacio certum et verissimum,quod est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est sicut quod est inferius: ad perpetranda miracula rei unius. Et sicut omnes res fuerunt ab uno, mediatione unius; sic omnes res natae fuerunt ab hac una re, adaptatione. Pater eius est sol, mater eius luna […]

Il vero senza menzogna, è certo e verissimo. Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso: per compiere i miracoli della cosa una. E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento. Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre […]

Marsilio Ficino

Il Sé individuale è una struttura complessa, teatro di attori e comparse, di trame dinamiche, intermezzi, spettatori attesi ed inattesi che creano un prodotto mutevole, diverso nei vari momenti di vita dell’uomo.

Scrive Kohut: “Proprio come un albero, entro certi limiti, riesce a crescere intorno a un ostacolo in modo da esporre le foglie ai raggi del sole che alimentano la vita, così il Sé, nella sua ricerca evolutiva, abbandonerà il tentativo di continuare in una particolare direzione e cercherà di procedere in un’altra”.

Tanta mobilità, per mantenere una propria velleità creativa in espansione centrifuga senza disperdersi, necessita di un nucleo più profondo, presidiato da presenze luminari.

Tali referenti psichici, re e regina alchemici che sovrintendono lo spettacolo valutando l’opera e commentandone le parti, sono il padre e la madre interiori.

La psicologia della traslazione junghiana commenta in termini metaforici e suggestivi la loro presenza: “Re e Regina, sposo e sposa promessi, si avvicinano l’uno all’altra

in vista del fidanzamento o del matrimonio. […] Ogni membro della coppia si trova rispettivamente su Sol e Luna, il che simboleggia la natura solare del Re e lunare della Regina, conformemente alla premessa astrologica dell’importanza della posizione del sole per l’uomo e della luna per la donna. L’incontro è dapprima distaccato, formale, come denota l’abbigliamento di corte. Essi si tendono reciprocamente la mano “sinistra”, il che non è certo casuale, poiché contrasta con l’uso comune. […]In questa situazione delicata, eppur così pienamente umana, il gesto delle mani “destre” ha valore di compensazione diretta”.

 

Si tratta della diade generativa primaria che asseconda lassioma biologico e garantisce il presupposto fecondante (e fecondato) della germinazione della vita psichica.

Grazie a loro nascono e crescono le strutture, prendono forma le membrane contenitive e si perfezionano i criteri di scambio fisiologico che configurano i connotati psichici dellessere divenuto.

Se sintende procedere in senso analitico, quindi compiere un atto mercuriale dissecante volto a focalizzare unazione specifica su ogni singolo componente del sé, è opportuno trattare separatamente i due genitori interni, partendo da quello forse maggiormente significativo.

La madre, culla contenitiva della personalità.

Le sue origini trascendono la dimensione temporale, poiché la madre universale esiste a priori e rompono gli schemi dello spazio individuale pervadendo quello collettivo; è una presenza dai connotati archetipici.

La sua pertinenza con lo sviluppo della personalità è testimoniata dal pensiero psicanalitico, fin dai suoi albori.

Dice Freud: Sapevamo […] che vi era stato uno stadio preliminare di attaccamento alla madre, ma non sapevamo che potesse essere così ricco di contenuto, perdurare così a lungo, lasciarsi dietro tanti spunti per fissazioni e disposizioni successive3.

Un altro contributo significativo emerge dal pensiero della Klein, che trova nellinfante il locus del processo introiettivo che poi caratterizzerà ladulto: [] lamore e la comprensione si esprimono nel modo in cui la madre accudisce il suo bambino e portano a una certa identità inconscia basata sul fatto che linconscio

della madre e quello del bambino sono in stretta relazione l’uno con l’altro. La sensazione di sentirsi capito che ne deriva per il bambino è alla base della prima fondamentale relazione della sua vita: la relazione con la madre. Allo stesso tempo frustrazione, disagio e dolore […] vengono sperimentati come persecuzione ed entrano anche a far parte dei suoi sentimenti verso la madre, perché ella rappresenta per lui la totalità del mondo esterno; per cui tanto il bene che il male arrivano alla sua mente come provenienti da lei e questo conduce a un duplice atteggiamento verso la madre persino nelle migliori condizioni possibili. Tanto la capacità di amore come il sentimento di persecuzione hanno delle profonde radici nei primi processi mentali del bambino e si concentrano in primo luogo nella madre”.

Kohut accoglierà le teorizzazioni appena esposte con un semplice aforisma: “Nel momento in cui la madre vede il bambino e per la prima volta ed entra in contatto con lui, ha inizio la potenzialità di un processo attraverso il quale si stabilisce il sé di una persona”.

Per l’analisi interpersonale la madre residente nelle strutture inconsce, diviene oggetto psichico per eccellenza: non può esistere prassi che non colga l’importanza del regista onnipresente sulla scena del sé e nessun atto terapeutico che ignora tale figura potrà realmente puntare all’efficacia.

Spesso ciò che manca è uno strumento adeguato.

L’altezza dell’argomento presuppone infatti che il terapeuta si avvalga del mezzo più raffinato, quello capace di sondare l’inconscio e portarne a terra i frammenti inestimabili: il simbolo.

La natura del simbolo è proprio quella di legare insieme elementi attraverso un segno, un traslato metaforico, un oggetto “veicolo” che risulti aggregante tra i significati residenti nei livelli più sottili e le loro manifestazioni terrene.

Marsilio Ficino, nella frazione della tavola smeraldina riportata in esergo, decide di volgere lo sguardo in alto. La sua raccomandazione è proprio quella di utilizzare l’allegoria per ovviare la difficoltà di addentrarsi nella dimensione umana microscopica, tanto vischiosa da rimanere insondabile. Egli colloca l’oggetto “madre” oltre l’orizzonte, al di là del cielo, così come in seguito fece Jung, nei propri scritti alchemici.

Ecco che la metafora della madre interna trova riscontro nell’ immagine della Luna.

Tale astro, enigmatico per antonomasia, appare tuttavia molteplice, capace d’incarnare più di uno tra gli aspetti dell’anima.

Dice la Senard, in una magistrale sintetizzazione sull’argomento: “[…]la Luna, figura dell’anima, ad un tempo stesso riflesso del Principio e mediatrice della sua azione nella Materia, appare sotto il suo triplice aspetto di dea Triformis = dalla triplice trasfigurazione, Trigemina = dalla triplice unione, poiché la generazione ideale esige l’unione del corpo, dell’anima e dello spirito, Triceps = dal triplice volto, e sotto i suoi tre nomi: Ecate, riflesso del fuoco oscuro della generazione, Selene, riflesso del fuoco luce, e Artemide, riflesso del fuoco amore-saggezza che fonde il primo fuoco con il secondo che porta così a compimento la creatura perfetta. […]”.

Per la studiosa del mito, le tre essenze lunari portano il nome di tre divinità affini e contrapposte, complementari ma estremamente diverse; insieme iniziano a configurare l’immagine di una madre psichica tripartita, tesa naturalmente alla ricerca di una forma unica totalizzante.

Il mito ci porta anche una seconda declinazione istintiva di madre “una e trina”: la triplice Brigid del culto celtico, una dea materna multiforme di cui si trova descrizione in uno scritto di Lucio Apuleio:

 

Sono Colei che è la madre naturale di tutte le cose, maestra e governatrice di tutti gli elementi,
la progenie iniziale dei mondi,
il capo dei poteri divini,

Regina dei tutti coloro che sono nellaldilà,
la più importante di coloro che abitano sopra, manifestazione da sola
e sotto una sola forma
di tutti gli Dei e di tutte le Dee

La Brigid celtica ha anch’essa tre valenze: Brigid Il “fuoco dell’ispirazione”, patrona della musica e della poesia, Brigid il “fuoco del cuore”, sovrintendente della famiglia, della salute, della fertilità e dei bambini, Brigid il “fuoco della Fucina” simile ad Atena, padrona della arti, della giustizia e dell’ordine.

Condensando questi elementi in una congettura contestualizzata alla prassi terapeutica, si è in grado di scomporre la madre totale del sé in tre sue costituenti, alle quali ricondurre in maniera selettiva la costellazione delle espressioni sintomatiche della personalità aventi origine nel “complesso di madre”.

Una madre biologica, una madre introiettata ed una madre stereotipata.

Ricordando una riflessione di Winnicott, questa ipotesi trina del femminino costituente, prende maggiore risalto: “[…] Ciascuno all’inizio era dipendente da una donna […]. Donna è la madre ai primi stadi della vita di tutti gli uomini e di tutte le donne, e della quale non si ha consapevolezza […]. Nel rapporto con la Donna, le donne devono identificarsi con lei. Per ogni donna, vi sono sempre tre donne: la bambina, la madre, la madre della madre. Nei miti appaiono costantemente tre generazioni di donne, oppure tre donne con funzioni diverse. Che abbia bambini o che non ne abbia, la donna si trova in questa sequenza senza fine; è al tempo stesso bambina, madre e nonna, o madre, fanciulla e bambina […]. Ella comincia da tre, mentre l’uomo comincia con l’urgenza di essere uno […].Essere “uno” significa essere solo”.

Ecate

Ecate la magica, detentrice dell’occulto, ovvero rappresentante del segreto della generazione, raffigura la madre superiore ed irraggiungibile ma allo stesso tempo fattiva, esperibile.

È una genitrice definita dalla biologia, dove la scienza naturale prende le fattezze del principio miracoloso autocosciente dell’innesco della vita.

Dice Neumann: “Il rapporto del femminile con la luna va ben oltre il suo aspetto di fertilità biologica e cioè fallico-ctonia. […] la luna è anche Signore dell’incantesimo e della magia della fecondità […]”.

Ancora: “[…] grembo materno, generatore del tutto […]: qui viene usata per la luna una terminologia che appartiene profondamente all’autocoscienza dello stadio matriarcale in cui il femminile riconosce e onora sé stesso come origine della vita”.

La natura terrena di Ecate è garantita dal prodotto, l’essere vivente, la sua ubicazione fisica invece è necessariamente distante da quest’ultimo, poiché come il frutto maturo, esso ha l’esigenza di staccarsi, per dare seguito al proprio ciclo esistenziale.

Rappresenta dunque la madre biologica, sempre prossima ma anche “altro da sé”, non compenetrante, non simbiotica.

È il fuoco del cuore, la Brigid che detiene la capacità del legame familiare e che ne detta i parametri di sviluppo.

Jung, nella propria storia autobiografica, riporta una descrizione di sua madre che si avvicina incredibilmente alla madre biologica appena coniata (forse uno squilibrio di tale elemento?): 

Mia madre era per me un’ottima madre. C’era in lei un grande calore animale, cucinava in modo meraviglioso ed era enormemente accogliente, di piacevole compagnia e molto corpulenta. Prestava attenzione a tutti, le piaceva anche parlare e il suo chiacchierio somigliava al gaio zampillare di una fontana; aveva decisamente un certo talento per la letteratura, non privo di profondità e buon gusto, ma quest’ultima qualità non fu mai veramente evidente e rimase celata sotto le sembianze di una donna cordiale e grassoccia, molto ospitale e dotata di fine umorismo”.

l’ente caratterizzante di questo contributo alla madre totale è proprio il legame, inteso come atto di stipulazione interpersonale ma anche intrapersonale.

Gli aspetti psicologici collegati, di conseguenza, vanno ad arricchire i parametri “etologici” della personalità.

Winnocott ci parla della fenomenologia del legame ed in un certo senso, del ruolo che la madre biologica riveste nella sua modalità di formazione. La sua teoria si diparte dal rapporto madre-bambino, tramite “l’itinerario dell’infante dall’assoluta dipendenza, attraverso una dipendenza relativa, fino all’indipendenza e, parallelamente, l’itinerario dell’infante dal principio del piacere al principio di realtà e dall’autoerotismo alle relazioni oggettuali. Vengono poi (…)le cure materne, vale a dire le qualità e le modificazioni nella madre che rispondono all’evolversi dei bisogni specifici dell’infante al quale essa si rivolge12”.

Se l’influsso materno intride tanto la modalità di funzionamento dell’individuo, è naturale riflettere su come una disfunzione di ognuno dei tre elementi sub-materni identificati possa condurre ad una data alterazione somatica.

Dovendo associare una particolare conseguenza allo squilibrio di madre biologica, sulla base delle costatazioni fatte, viene naturale pensare alle affezioni della sfera dell’attaccamento, alla regressione e fissazione agli stadi primari, orale e anale, fino a giungere a casi estremi prossimi al disturbo della sfera autistica o “pseudo-autistica”.

Il tratto saliente del paziente che non elabora correttamente la madre biologica sarà quello della richiesta/rifiuto, dell’inconsapevolezza, del disturbo psicosomatico; potrà presentare un temperamento aggressivo o tendente alla subordinazione, con atteggiamenti di desiderio morboso nei confronti dell’altro o di desiderio immotivato di allontanarsene al più presto.

Anche il rapporto compromesso nei confronti del cibo può essere un campanello d’allarme significativo degli afferenti a questa categoria, andando a fare leva su componenti fisio-biologiche della fase materna primaria.

Altro aspetto saliente è dato dall’eventuale funzionamento alterato nella sfera sessuale, sia esso manifesto o solo risultante da una fantasia conscia o inconscia.

L’indagine approfondita può rivelare eventi traumatici infantili, situazioni familiari particolarmente lese, o eventi profondamente radicati a monte di manifestazioni sociopatiche, xenofobe, attuali o attualizzate.

La possibilità d’intervento è spesso subordinata ad una capacità di “semplificazione del gesto”. S’intende con questo la necessità di un’azione lineare e calata nello spazio reale: una variazione nel setting finalizzata a “permettere di avvertire la presenza dell’altro” così some un uso “rassicurante” della parola ed una continuità naturalmente scontata del percorso di cura.

Il soggetto che non conosce la madre biologica, tende a ritrovarla all’interno di surrogati o sublimarla, spostando continuamente il senso di vuoto in oggetti esterni, preferibilmente persone: è nella relazione e non nel potenziamento della capacità riflessiva che sta la possibilità di ritrovare e reintegrare parte di essa

Selene

Selene è la madre introiettata.

Il contesto mitologico la ritrae come principio lunare per eccellenza, l’astro che giunge culmine della propria presenza per l’uomo, apparendo pieno e nitidamente stagliato nel cielo notturno.

Segue Artemide (luna crescente) e precede Ecate (luna calante), compiendo un ciclo che vede il proprio predecessore incarnare la forza della spinta (stereotipico inno alla perfezione) ed il suo successore ricordare il senso di fine, di perdita (Ecate la luna calante o morente, preludio della dissoluzione nell’ombra). E’ proprio questa sua collocazione a renderla vicina al concetto di immagine acquisita, resa propria.

Riflettendo ancora sul valore simbolico di questa “fase” del ciclo orbitale e psichico, si ritrovano i valori della guida illuminata dell’intuito che risiede nel sostrato emotivo inconscio, rappresentata dallo zenit lunare che indica la strada da percorrere anche nel buio più intenso.

La frazione materna introiettata incorpora tutti gli aspetti dinamici del sentire emotivo. È madre viscerale che presiede la capacità di contenere e di essere contenuti, la necessità-virtù empatica, la dolcezza catartica.

Il suo dominio è la sfera del sentire: sovrintende la capacità di incorporazione degli oggetti interni così come la forza di collocare quelli esterni.

Come sostiene Neumann: “l’ispirazione e l’intuizione sono espressione del potere spirituale dell’inconscio, del lumen naturae del mondo notturno femminile, nel quale la sua oscurità si illumina improvvisamente per ispirazione”.

Madre introiettata è quel volto di Brigid che sa ispirare e rende capaci di cogliere emotivamente la bellezza insita nella poesia e l’armonia connaturata alla musica. La ricetta per l’intuito ed il mezzo che lo “porta a terra”.

È l’elemento polare-ricettivo della personalità, complemento negativo che fornisce l’incastro al principio maschile positivo; non per niente, nel mito, Selene è sorella di Helios, il Sole.

Incarna l’archetipo Anima che costella l’universo junghiano e incorpora il segreto del lapis philosophorum, catalizzatore alchemico di cura e solvente universale per l’integrazione degli opposti:

“[…] L’immersione nel “mare” significa solutio, soluzione in senso fisico, e in Dorneus soluzione anche di un problema. È un ritorno alla condizione iniziale, un ripiombare nel liquido amniotico dell’utero gravido. Gli alchimisti affermano che la loro pietra si forma come un bimbo nel grembo materno”.

In termini ambientalisti, questa-Selene sta alla base della formazione della personalità, agendo in modo profondo durante i primi anni di vita

“(La madre) capisce che il bambino deve essere preso in braccio o messo giù, lasciato stare o girato […] sa che l’esperienza essenziale è la più semplice di tutte, quella basata sul contatto senza azione, in cui ci si può sentire una cosa sola tra due persone che sono effettivamente due e non una […]. Questa è la base di ciò che diventa gradualmente per il bambino l’esperienza di sé”.

Ancora: […] “Io sono solo” […] implica […] la consapevolezza che il bambino ha della continuità dell’esistenza di una madre attendibile, la cui attendibilità rende possibile al bambino di essere solo e di godere il proprio esser solo, per un tempo limitato. […]La capacità di essere solo dipende dall’esistenza di un oggetto buono nella realtà psichica dell’individuo […]. Il rapporto dell’individuo con i propri oggetti interni, unito alla fiducia nelle relazioni interne, offre di per sé una sufficiente pienezza di vita, così che temporaneamente egli è in grado di riposare contento anche in assenza di oggetti e di stimoli esterni”.

La madre-Selene inflativa prelude lo squilibrio associato alla funzione/tendenza aggregante della psiche, adibita alla composizione armonica delle parti e finalizzata alla gestalt.

Si parla di disagi afferenti allo spettro narcisistico, intesi come prodotti della disillusione del sé grandioso e onnipotente coniato da Kohut.

L’organizzazione di personalità che può conseguirne è quella richiedente, energeticamente catturante, di quei soggetti che, esperito il più grave vuoto interno, trasformano la consueta permeabilità psichica in disperata pompa energivora.

Il portatore di madre introiettata deficitaria continua aggressivamente a riproporre lo stesso schema con il quale il bambino cerca l’approvazione nello sguardo della figura di riferimento: si mette in mostra.

Nell’adulto ciò si esprime anche nella necessità di svalutazione dell’interlocutore, sia per consentirgli di condividere la sensazione di “non esserci”, sia per risultare ancora più evidente ai suoi occhi ed essere finalmente considerato.

La cura estrema della persona, l’atteggiamento altalenante tra momenti pseudo- maniacali alternati ad altri tendenzialmente depressivi, può essere riscontrabile in quasi tutti gli afferenti al gruppo “Selene”.

Le figure genitoriali reali, quando viventi, sono spesso presenze enfatiche, temute e la loro approvazione innalzata a fine ultimo dell’evento di vita.

Il terapeuta potrà focalizzarsi sulla capacità introspettiva carente e inadeguata, richiamando l’attenzione del soggetto alle motivazioni profonde che sovrintendono ogni agito.

La costante produttiva di ogni intervento mosso in tal senso è la gradualità della singola azione, poiché l’elaborazione può avvenire solo attraverso passaggi metabolici prolungati e reiterati.

Artemide

Infine Artemide veste le spoglie della madre stereotipata.

La luna che cresce è perfetta, dinamica, potenzialmente detentrice del segreto della forma completa, poiché in essa trova compimento.

È la divinità dell’amore perfetto e non perfettibile, della saggezza calata dall’alto.

Dice Walter Otto: “[…] la grande signora stupenda, la pura, che porta al rapimento e però non può amare, , la danzatrice e cacciatrice che porta in grembo il cucciolo d’orso e gareggia nella corsa coi cervi, apportatrice di morte quando tende l’arco

dorato, estranea e inavvicinabile come la natura selvaggia, eppure, come essa, tutt’incanto, fresca vivacità e sfolgorante bellezza. Ecco Artemide!”.

Questa componente erige una statua marmorea di riferimento all’interno della personalità e soffre l’elemento “diverso” in modo direttamente proporzionale alla distanza che lo separa dalla propria immagine di perfezione.

Siamo in presenza della Luna astronomica: il planetoide che nasce dalla partenogenesi della terra (che rappresenta l’ego) e subito ne diviene satellite, gravitandogli attorno. Il volto che continua a mostrare è freddamente rassicurante, mentre quello che nasconde (ma lascia immaginare) mostra una crosta profondamente martoriata dagli impatti meteorici: l’obolo della maternità stigmatizzata che perpetra l’inganno della cicatrice tanto celata quanto ancora ardente.

Rinnega l’aspetto della madre sufficientemente buona, intrisa del suo tratto più umano e di conseguenza, imperfetto, preferendo contrapporle l’algoritmica compiutezza dell’oggetto inappuntabile.

In questo può trovare compimento l’azione della luna “pericolosa”, che nella propria accezione tremendamente perfetta, inghiotte l’attenzione in profondità dell’anima solitamente non concesse: “il verbo inglese to moon, “non aver voglia” e “sprecare il proprio tempo” indica che “essere distolto” può anche significare essere attirato verso l’inconscio della luna e dalla sua azione pericolosa”.

La madre stereotipata è in parte detentrice (poiché da essa ha origine) della dimensione “ombra” dell’ente materno totale; essa ricorda la presenza di Lilith, la luna nera così ben descritta dal Sicuteri:

“Lilith, valore archetipico dell’anima scissa, ricondotta dentro il più originario archetipo della Grande Madre uroborica bivalente, che riflette la rimozione parziale degli istinti e la censura delle pulsioni”.

Il luogo delle origini di Artemide è ricordato anche da Neumann, nella descrizione della luna e del principio matriarcale: “La fase di luna nuova può essere vista come morte della luna nell’abbraccio del sole, ma anche come morte […] nell’abbraccio della donna (madre) solare cattiva”.

La censura, appunto, intride la figura stereotipata poiché diviene negativo esistente del tratto positivo mostrato: la totale compiutezza. L’odore della disapprovazione

aleggia inscindibile dal prototipo materno esemplare ed agisce nella funzione integrativa del sé.

Questa connessione con l’angoscia, riferisce all’Artemide squilibrata il correlato psicopatologico della nevrosi, prodotto somatico dell’ossessione e mezzo di difesa per la psiche superiore nei confronti delle bassezze provenienti dalle profondità sottostanti.

Un processo nevrotizzante che aumenta con l’entità dell’eccesso di questo contributo materno interiore, fino a sconfinare nella psicosi paranoide o schizotipica.

Il tipo “Artemide” può presentarsi affetto da una considerazione eccessiva della figura materna reale, con una forte componente imitativa o tendenza alla venerazione per il risultato o la posizione sociale che essa ricopre.

Tendente alla pratica compulsiva, spesso risulta morbosamente corretto, ligio alle regole.

La razionalizzazione e la ricerca del capro espiatorio possono essere i binari su cui impronta la propria modalità d’azione, nel presentare un Super-Io estremamente presente e produttivo.

L’intervento “catartico” spesso risulta adeguato alla riconfigurazione dei parametri interni, essendo mirato ad allentare la tensione di controllo associata ai processi decisionali; spesso si tratta di lasciare che la spontaneità prenda il sopravvento, dissociandola dall’esigenza normativa coatta, di cui è auspicabile un ridimensionamento.

Questo è spesso ottenibile con l’interpretazione del materiale onirico o immaginativo ed il confronto con i bisogni lasciati passare dal sogno rispetto a quelli ostacolati nella vita diurna, può essere una valida motivazione al insight.

E’ indubbio che il fine ultimo della ricerca della genitrice primitiva mediante la congettura della “madre tripartita”, triplice dea in cerca del corpo unico in cui incarnarsi, debba essere quello di trovare una base valida su cui impostare alcuni tra i momenti salienti di un percorso terapeutico interpersonale.

Immaginare lo squilibrio di una parte, la prevalenza o il difetto sull’altra, equivale a porre una bussola importante tra le mani dell’analista, che di conseguenza si allontana dal controtransfert proiettivo, essendone distolto.

Le figure genitoriali, forse quelle che maggiormente tessono trame dinamiche nei rapporti psicoanalitici, spesso determinando l’interruzione precoce o la grave situazione di stallo all’interno della pratica curativa.

Ciò che viene proposto dunque, è un modello interpretativo semplificato e finalizzato all’indagine selettiva delle carenze individuali: questo comporta da una parte una certa labilità nella ricerca di indicazioni terapeutica precise ma dall’altra un discreto margine di versatilità che consente al terapeuta di alternare la propria posizione su una sola tra le tre espressioni della Madre totale, affrancandolo dalla difficoltà di attaccare per intero il relativo complesso. Potrà altresì dedicarsi a quella che mostra lo squilibrio, soffermandosi anche soltanto sulla chiara identificazione dei momenti in cui una Brigid domina l’altra o due di esse agiscono in eccesso, difetto, sinergia.